Il corpo delle donne e la mente delle donne. Il corpo delle donne è la mente delle donne. Il corpo delle donne e il virtuale. Il corpo delle donne è il virtuale. La distanza amplifica il corpo delle donne. La distanza lo fa sembrare immenso. Tu fratello maschietto che vieni qui a guardare le fotografie che abbiamo postato. Perché senti forse più forte in queste il nostro corpo e la nostra mente. La distanza, il virtuale non sono i nemici della vicinanza e del reale. La distanza, il virtuale sono la metamorfosi della vicinanza e del reale. Quanti numeri ci sono sotto queste curve. Sinusoidi, parabole, iperboli. Non si ha ellissi del corpo delle donne. Iperbolico corpo delle donne. Parabola di un blog che non vuole essere un blog.

Cuerpo de mujer, blancas colinas, muslos blancos,

te pareces al mundo en tu actitud de entrega …

sabato 12 dicembre 2009

Recensione Film Documentario 'Vogliamo anche le rose'

Attraverso la contaminazione sapiente di linguaggi integrati e codificati l’un dall’altro, fotoromanzo, filmini di famiglia, inchieste, dibattiti tv, film indipendenti, animazioni, riprese di militanti, la sapiente regista ha costruito un prodotto nuovo, interessante, divertente, che mette in gioco tutti gli stereotipi femminili capovolgendoli.
Il film documentario di Alina Marazzi Vogliamo anche le rose” , titolo tratto dallo slogan usato durante le proteste delle operaie del Massachusetts nel 1912-Vogliamo il pane …ma anche le rose-, rappresenta il tentativo di restituire dignità e consapevolezza alle giovani donne della contemporaneità, ignare del passato, inconsapevoli della propria identità e del valore di quella libertà conquistata con l’impegno, con il sangue, con il dolore di donne che dopo secoli di segregazione spirituale sono riuscite ad emergere da loro stesse e a lottare per la propria affermazione nel mondo, un mondo regolato dalle leggi del patriarcato garantite, protette nel nostro paese anche dai principi dell’integralismo cattolico.
La prima sequenza del film mette in scena, mediante la linguistica pubblicitaria, l’immagine di una donna degli anni ’50 che attratta dalle vetrine, dalle ombre, scorge una sfera magica e mentre la voce fuori campo recita: “Curiosità, curiosità sei donna: vedere, sapere che sarà, come sarà il passar del tempo, il tuo futuro”, lei vedrà riflessa nella sfera l’immagine di una hippy nuda che danza libera su un prato che anticipa quei moti di liberazione della donna iniziati negli anni sessanta in gran parte del mondo occidentale.
L’intero film si serve di queste costruzioni fantasmatiche per strappare la verità ai filmati d’archivio dei dibattiti televisivi, delle inchieste, per poi costruire un mosaico di esperienze che si coagulerà intorno alle tre protagoniste, le cui storie saranno narrate in quanto rappresentative delle diverse esperienze di donne, che nel passato hanno preparato la rivoluzione che stava trasformando l’arcaica Italia.
I tre nuclei centrali del racconto narrano, mediante lo stile diari stico, le esperienze di tre ragazze appartenenti a contesti geo-socio-culturali diversi.
La prima, Anita, ragazza di buona famiglia della Milano bene, racconta l’esperienza vissuta nel 1967, anno in cui i suoi coetanei si trovano a prendere coscienza di loro stessi e della loro volontà d’affermazione nel mondo, mentre lei è costretta a fare i conti con la sua adolescenza e i limiti di quell’educazione restrittiva e dogmatica che le stava creando paure e barriere nell’affrontare il rapporto con se stessa.
La seconda, Teresa, a venti anni vive nella Bari del 1975 l’esperienza dell’amore e della maternità rifiutata perché come recita la sua voce: “Penso solo a mio padre, a mia madre, e che sarebbe stato meglio morire”.
Così deciderà di abortire clandestinamente, poiché l’aborto in Italia diventerà legale solo nel 1978.
Questa sequenza centrale credo sia il momento più alto del film, in quanto mostra con estrema delicatezza e rispetto il dolore, la sofferenza e la consapevolezza di una delle tante ragazze che ha pagato con il proprio sangue il prezzo della libertà dell’amore.
Oggi il tema dell’aborto è ritornato attuale a causa di uomini come Giuliano Ferrara che senza alcun rispetto nei confronti del genere femminile minaccia l’equiparazione dell’aborto alla pena di morte. Le giovani donne della contemporaneità hanno il diritto di sapere quanto la legge 194 sull’aborto sia stata una conquista per la dignità femminile e di quanto sia necessario preservarla da manipolazioni integraliste.
Il terzo racconto è tratto dal diario di una femminista romana del 1979 che a trenta anni cerca di comprendere criticamente la sua vita e la realtà che la circonda mettendo in relazione la vita privata con quella politica, la ragione e il sentimento. Attraverso il suo sguardo ci vengono palesate le contraddizioni e le difficoltà che una femminista doveva affrontare nel relazionarsi con i pregiudizi dell’altro sesso, delle altre donne e con la realtà della militanza politica.
Quando tutti i dogmatismi vengono a cadere e la donna non è più solo figlia e moglie, in che modo è possibile ricostruire il ruolo della donna all’interno di una società frantumata dai cambiamenti?
Oggi come allora, più di allora, è necessario che le donne prendano coscienza di sè, della propria identità e della necessità di proteggere la loro libertà che sta involvendo nel puro edonismo, nell’adesione cieca a quei modelli che gli esperti del marketing ci fanno ingoiare ogni giorno e che ci rendono schiave del vuoto prodotto dalla società dell’immagine e da quei modelli impersonali che quotidianamente stanno assopendo la nostra capacità critica.
E dopo l’entusiasmo che un film raffinato e ironico come questo suscita concludo con questi versi:


Il martirio
A cui le donne s’abbandonano,
chinando la testa,
a cui s’abbandonano
quasi fosse un dovere
scritto nelle viscere della loro pelle,
un dovere di nascita,
è una colpa da cui non potranno redimersi.
Il loro reato contro la stirpe
È la condanna ad una vita sgarbata
Di privazioni che hanno inflitto
A tutta l’umanità femminile
Che aspetta
Impaziente
Di scivolare su questo mondo.

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